lunedì 26 dicembre 2011

Zombi 4 - un incubo all'alba

Ho una professione, una famiglia e una casa, ma stamattina mi sento uno zombi.
Ho la carta di credito, la macchina figa, i vestiti firmati, ma credo di essere proprio uno zombi.
Ho tutto quello che offre il mondo, ma siccome il mondo è un mercato, pago le sue merci con la vita che è il tempo, il lavoro e la coscienza.
Non sento la crisi, anzi arricchisco, ma all’alba ho fatto quest’incubo, mi sono alzato e mi sono specchiato.
Ho tutto quello che offre il mondo, ma siccome gli do in cambio la vita, allo specchio vedo uno zombi.

giovedì 22 dicembre 2011

Zombi 3 - sogno di una notte d'inverno

Guardo le stelle e mi sembra possibile,
il cielo è così grande.
Non vorrei più sentirmi senza futuro. Così morto, con la faccia cadente e lo sguardo
vuoto, come uno zombi.
Vorrei camminare a testa alta, avere un lavoro, una fidanzata, essere come le persone vive, invece mi sento uno zombi.
Vorrei fare shopping, pagare col bancomat, avere un ruolo nella società.
Ma se proprio devo avere una vita di merda, voglio almeno fare lo zombi.
E non il disoccupato.

martedì 3 maggio 2011

Zombi 2

Non sono sicuro di essere morto. Ossia, ricordo di essere morto, o qualcosa del genere, e poi ricordo di essere uscito dalla fossa facendo una gran fatica. Adesso vado in giro come se fossi vivo, mi sa che sono uno zombi.
Prima gli zombi li avevo visti solo nei film, ora li frequento regolarmente, siamo una comunità qui in città.
Vorremmo lavorare e facciamo tentativi per inserirci nel tessuto sociale, per integrarci con i vivi. Ma la gente ha paura di noi e quando ci vede cambia marciapiede, se va bene. La maggior parte delle persone vive fa anche di peggio: ci ignora, finge che non esistiamo; dicono “gli zombi non esistono, si vedono solo in tv.”
Non è vero, io ci sono, e ci fui.
Questa notte, accidentalmente, sono capitato davanti ad uno specchio e mi sono visto. E’ stato uno shock. Posso capire, limitatamente al rispetto per la sensibilità altrui che ognuno dovrebbe sempre avere, le reazioni scomposte di chi mi vede e fugge via. Faccio impressione.
Però vorrei darmi ugualmente da fare. Vorrei rendermi utile. Noi zombi siamo disposti a fare i lavori che i vivi non vogliono fare, come ad esempio il beccamorto. Io lo farei anche gratis.
Avendo un sacco di tempo libero ed una certa tendenza ad andare sottoterra, ho iniziato a frequentare gli scantinati ed ho scoperto che sono una miniera di sapere. I testi scolastici e universitari degli anni trapassati riempiono gli scantinati. E’ la cultura underground.
Ora sto studiando statistica. Due zombi su tre hanno nostalgia del luogo d’origine, l’oltretomba, ma preferiscono restare in questo limbo, da clandestini, per cercare di costruirsi un’esistenza dignitosa ed una speranza nel futuro che quando erano vivi non sono riusciti ad avere, sognano una nuova vita.
Ci sono anche quelli che vorrebbero arricchirsi e sperano di frequentare zombi di veline e soubrette, magari vorrebbero diventare zombistar di Holliwood, ma c'è troppa concorrenza e le produzioni preferiscono perdere ore ed ore per il trucco di attori vivi che sembra siano più credibili, come zombi.
Che strano sistema, il vostro; avete alimentato la nostra fantasia con i film e la televisione, ci avete illuso circa il protagonismo di chiunque avesse iniziativa e ora che siamo arrivati; voglio dire, più iniziativa di questa, siamo venuti fuori dalla tomba; ora che siamo arrivati ci respingete e ci fate marcire negli scantinati a leggere i libri di scuola che da vivi non aprivamo nemmeno per finta.
Non si fa così. Non create false illusioni sulla libertà e sulla realizzazione dell'individuo, se poi non sono che menzogne per vendere automobili e vincere le elezioni. Con noi non servono questi trucchi: di votare non abbiamo il diritto e le automobili non le compriamo perché non abbiamo soldi e perché ci rimarrebbero le mani attaccate al volante, e non è una figura retorica.
Quindi, se mi chiedessero come mi trovo nel mondo di sopra, risponderei “male, non è un mondo civile.”
Per non parlare del fatto che una volta che stai al mondo come zombi, da qualche parte ti devi cercare da mangiare. Ma questo è un altro tipo di problema.

giovedì 7 aprile 2011

Franco Calamari

In un bar che non nominerò, in un quartiere che non citerò va spesso un tale di cui dirò solo il nome, Franco, e il cognome, Calamari; della sua età dirò solo che ha cinquantaquattro anni, e del suo aspetto fisico che è alto un metro e settantadue, normolineo, in sovrappeso, ha la faccia ovale e porta i baffi scuri e un po’ bianchi, perché è bruno brizzolato. Gli occhi sono marroni, oppure neri. Si abbiglia in maniera moderata, nei colori predominanti del beige e celeste d’estate e del grigio e blu d’inverno.
E abita a venti metri dal bar. Di lui non dirò altro per non renderlo riconoscibile. Non voglio parlare della sua vita per non intromettermi nella sua privacy. Racconterò solo delle sue abitudini che poi sono quasi tutta la sua vita.
Franco puzza, gli puzza il fiato e la cotenna. Si lava, ma mangia da schifo e fiata e trasuda l’immondizia che ingurgita. Non mangia calamari, gli sembrerebbe di mangiare dei parenti, la sua dieta è composta prevalentemente da tramezzini, scatolame e merendine. Orfano e celibe, provvede da se alla propria dispensa e forse fa male, ma tutti i gusti son gusti; a lui piace così.
Al bar ci va per comprare il latte e i tramezzini.
Franco Calamari è un eroe, è il socio più attivo dell’associazione che si prende cura degli striminziti giardinetti della strada dove abita che è una via di quel quartiere che non ho citato, ma che è un quartiere in stile moderno, senza piazze, fontane o giardini, ma con un centro commerciale grande così.
Anzi dell’associazione è l’unico socio attivo. Gli altri, dal momento che lui sacrifica gratuitamente se stesso alla causa e il suo sacrificio è sufficiente alla causa, non fanno niente, tranne dargli saggi consigli e preziosi suggerimenti.
Se quei giardinetti fossero abbandonati, il municipio lo ha ribadito più volte, il comune non si accollerebbe l’onere di curarli, né di evitare che ci passi sopra un parcheggio.
Quindi Franco, tutti i giorni alle otto del mattino, apre il piccolo cancello di entrata, dà un occhiata che tutto sia in ordine e che durante la notte non siano intervenuti vandali, sbandati o animali feroci oppure solo incontinenti a seminare disordine e sporcizia dove durante la giornata giocheranno bambini e passeggeranno anziani; quei giardini, piccoli e striminziti, ma ben tenuti, sono assai frequentati dalla gente della zona, perché in quella zona non c’è altro se non palazzi grigi, strade dove sfrecciano rumorosamente auto e scooter e il centro commerciale maestoso come un palazzo imperiale.
Alle otto e dodici o quindici Franco esce dai giardini e si trova sul marciapiede, costeggia il traffico intenso per trecento metri e si mette ad aspettare l’autobus davanti al centro commerciale.
Alle diciotto e trentanove o quarantasei, a volte alle diciannove, Franco torna dal lavoro e prima di rincasare, passa per i giardini, fa un’ispezione generale e si siede per dieci minuti sulla sua panchina preferita. Poi apre una specie di cassapanca addossata al bagno chimico, prende tre sacchetti per la spazzatura e li sostituisce a quelli nei cestini.
Quindi fa la cosa più eroica, si prende cura delle piante. L’associazione ha ottenuto dal comune l’acqua, nel giardinetto c’è una fontanella e Franco alle diciannove e qualche minuto, quando non piove, ci attacca il tubo e innaffia le piante, specialmente quelle coi fiori. Poi controlla il bagno chimico, passa all’interno una spugna imbevuta di disinfettante e innaffia anche li.
Alle diciannove e trenta, o quaranta, d’estate e d’inverno, Franco Calamari chiude con il lucchetto il bagno chimico, chiude con la catena e il lucchetto il cancello dei giardini e rincasa. Prima, però, passa al bar a mangiare tramezzini.
La domenica fa molto di più per quei giardini e pranza al bar coi tramezzini.
La maggior parte della gente che lo conosce pensa che sia il fatto che non ha nient’altro nella vita se non i tramezzini e le merendine a farlo sacrificare tanto per i giardini.
Io invece credo che sia il fatto di capire di essere l’unico di quella zona a sacrificarsi per la bellezza e per un bene comune che lo fanno rimpinzare di schifezze e non desiderare nient’altro. Secondo me, se Franco Calamari puzza, e vi assicuro che puzza anche se si lava ogni giorno, puzza per protesta.
Ed è per questo che vi ho parlato di lui.

venerdì 4 marzo 2011

Zombi (una storia vera)

- Sono arrivati i nuovi operai.
- Bene, metteteli subito al lavoro.
- Dovrebbero prima mangiare.
- Fategli mangiare i vecchi operai. Ma che si mettano al lavoro subito dopo.
Gli zombi furono fatti entrare nella sala scocche e li si lasciarono in compagnia dei vecchi operai, ai quali non era stato ancora comunicato il licenziamento.
Glielo fecero capire gli zombi. E appena lo ebbero capito, iniziarono ad essere digeriti.
Gli zombi erano lavoratori molto più lenti e meno efficienti dei vivi, però non costavano quasi nulla, bastava dargli da mangiare dei poveri.
I poveri allora si consultarono e decisero di proporsi al posto degli zombi.
Sarebbero stati più veloci ed efficienti e non sarebbero costati quasi nulla, avrebbero mangiato gli zombi.
Gli zombi non si preoccuparono granché, in fondo non avevano niente da perdere, neanche la vita. I poveri iniziarono a lavorare, portando a casa zombi per cena.
Quando furono esaurite le scorte di zombi, i poveri iniziarono a mangiare i capireparto, e mangiati questi si mangiarono il consiglio di amministrazione. Purtroppo la fabbrica fallì e i poveri mangiarono i suoi resti, poi morirono di fame.
Nessuno sentì la mancanza di tutto ciò.