giovedì 7 aprile 2011

Franco Calamari

In un bar che non nominerò, in un quartiere che non citerò va spesso un tale di cui dirò solo il nome, Franco, e il cognome, Calamari; della sua età dirò solo che ha cinquantaquattro anni, e del suo aspetto fisico che è alto un metro e settantadue, normolineo, in sovrappeso, ha la faccia ovale e porta i baffi scuri e un po’ bianchi, perché è bruno brizzolato. Gli occhi sono marroni, oppure neri. Si abbiglia in maniera moderata, nei colori predominanti del beige e celeste d’estate e del grigio e blu d’inverno.
E abita a venti metri dal bar. Di lui non dirò altro per non renderlo riconoscibile. Non voglio parlare della sua vita per non intromettermi nella sua privacy. Racconterò solo delle sue abitudini che poi sono quasi tutta la sua vita.
Franco puzza, gli puzza il fiato e la cotenna. Si lava, ma mangia da schifo e fiata e trasuda l’immondizia che ingurgita. Non mangia calamari, gli sembrerebbe di mangiare dei parenti, la sua dieta è composta prevalentemente da tramezzini, scatolame e merendine. Orfano e celibe, provvede da se alla propria dispensa e forse fa male, ma tutti i gusti son gusti; a lui piace così.
Al bar ci va per comprare il latte e i tramezzini.
Franco Calamari è un eroe, è il socio più attivo dell’associazione che si prende cura degli striminziti giardinetti della strada dove abita che è una via di quel quartiere che non ho citato, ma che è un quartiere in stile moderno, senza piazze, fontane o giardini, ma con un centro commerciale grande così.
Anzi dell’associazione è l’unico socio attivo. Gli altri, dal momento che lui sacrifica gratuitamente se stesso alla causa e il suo sacrificio è sufficiente alla causa, non fanno niente, tranne dargli saggi consigli e preziosi suggerimenti.
Se quei giardinetti fossero abbandonati, il municipio lo ha ribadito più volte, il comune non si accollerebbe l’onere di curarli, né di evitare che ci passi sopra un parcheggio.
Quindi Franco, tutti i giorni alle otto del mattino, apre il piccolo cancello di entrata, dà un occhiata che tutto sia in ordine e che durante la notte non siano intervenuti vandali, sbandati o animali feroci oppure solo incontinenti a seminare disordine e sporcizia dove durante la giornata giocheranno bambini e passeggeranno anziani; quei giardini, piccoli e striminziti, ma ben tenuti, sono assai frequentati dalla gente della zona, perché in quella zona non c’è altro se non palazzi grigi, strade dove sfrecciano rumorosamente auto e scooter e il centro commerciale maestoso come un palazzo imperiale.
Alle otto e dodici o quindici Franco esce dai giardini e si trova sul marciapiede, costeggia il traffico intenso per trecento metri e si mette ad aspettare l’autobus davanti al centro commerciale.
Alle diciotto e trentanove o quarantasei, a volte alle diciannove, Franco torna dal lavoro e prima di rincasare, passa per i giardini, fa un’ispezione generale e si siede per dieci minuti sulla sua panchina preferita. Poi apre una specie di cassapanca addossata al bagno chimico, prende tre sacchetti per la spazzatura e li sostituisce a quelli nei cestini.
Quindi fa la cosa più eroica, si prende cura delle piante. L’associazione ha ottenuto dal comune l’acqua, nel giardinetto c’è una fontanella e Franco alle diciannove e qualche minuto, quando non piove, ci attacca il tubo e innaffia le piante, specialmente quelle coi fiori. Poi controlla il bagno chimico, passa all’interno una spugna imbevuta di disinfettante e innaffia anche li.
Alle diciannove e trenta, o quaranta, d’estate e d’inverno, Franco Calamari chiude con il lucchetto il bagno chimico, chiude con la catena e il lucchetto il cancello dei giardini e rincasa. Prima, però, passa al bar a mangiare tramezzini.
La domenica fa molto di più per quei giardini e pranza al bar coi tramezzini.
La maggior parte della gente che lo conosce pensa che sia il fatto che non ha nient’altro nella vita se non i tramezzini e le merendine a farlo sacrificare tanto per i giardini.
Io invece credo che sia il fatto di capire di essere l’unico di quella zona a sacrificarsi per la bellezza e per un bene comune che lo fanno rimpinzare di schifezze e non desiderare nient’altro. Secondo me, se Franco Calamari puzza, e vi assicuro che puzza anche se si lava ogni giorno, puzza per protesta.
Ed è per questo che vi ho parlato di lui.

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