lunedì 18 ottobre 2010

Sogni da proletariato a progetto

Ho sognato di essere un’ape e di posarmi sui fiori più colorati, ho sognato di volare.
Ho sognato di essere apprezzata ed ammirata, di essere temuta e rispettata.
Nel sogno volavo ronzando, mentre vedevo il mondo scorrere sotto di me.
Capitavo in una stazione di servizio per automobili e mi posavo sul bordo di un finestrino mezzo aperto, così che, quando l'auto partiva, mi trovavo già in faccia al vento a gustarmi lo spettacolo della velocità.
Tenevo le ali chiuse per non compromettere l’aerodinamicità della vettura e sentivo il vento forte che mi agitava la peluria del dorso.
Ne godevo tanto da rischiare di perdere l’equilibrio e con le zampette ben salde, come una surfista dei finestrini, me ne restavo appollaiata su quel bordo di vetro e mi piaceva un sacco.
Quando l’auto si fermava volavo via contenta.
Era stupendo essere un’ape, avevo avventure, facevo affari con la storia del polline, con il miele e con la tratta dei fuchi. Avevo una posizione sociale di tutto rispetto.
Ma il sonno finisce e con il sonno finisce il sogno, mi sono svegliata.
Sono tornata blatta, faccio schifo agli altri ed un po’ a me stessa.
I mezzi di produzione del miele, la grande distribuzione del polline e lo sfruttamento dei fuchi continuano ad essere appannaggio delle api che sono organizzate.
Noi blatte siamo disgregate socialmente, prima che moralmente.
Se andassi in una stazione di servizio per automobili potrei mettermi sotto le ruote della prima che parte.

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